Lo stemma civico dell'università, poi comune di Melpignano -  nel periodo napoleonico (1806-1814)

 

 

 

'Università, ora diremmo Comune, di Melpignano possiede, fino ai primi anni dell'800, una struttura amministrativa abbastanza semplice adeguata alle esigenze e competenze del tempo. Ne affianca l'opera sociale la locale struttura parrocchiale, a cui è affidato il compito, in base alle risoluzioni del concilio di Trento, della tenuta dei libri di anagrafe dei battesimi, dei matrimoni e dei defunti. Ancora, le istituzioni ecclesiastiche regolari e secolari, secondo l'originale modo di essere ed il fondamentale ruolo svolto dalla Chiesa nell'antico regime, rappresentano indubbiamente gli elementi più dinamici d'integrazione sociale e comunitaria, grazie alla funzione economico-sociale svolta nell'ambito della propria comunità ed all'opera di beneficenza delle opere pie svolta in favore dei poveri bisognosi. Abbiamo già accennato al ruolo svolto dai legati di beneficenza effettuati dall'arcidiacono Nicola Veris, dagli arcipreti Nicola Oronzo Antonio Audilia e Giuseppe Spiri e dalla confraternita di s. Maria Maddalena, come abbiamo evidenziato il ruolo della locale chiesa parrocchiale nella realtà sociale di Melpignano. Se questa infatti in generale rappresenta nella società meridionale, fino alla metà del XIX secolo il centro nevralgico, il perno essenziale su cui ruota, vive ed agisce la comunità interessata, è da rilevare che per Melpignano non da meno è l'Amministrazione comunale, come evidenza la documentazione superstite in esame, potendo sempre garantire alla sue massime cariche, in un periodo in cui l'istruzione è un privilegio, uomini di buona cultura e preparazione.

1929 <<Estratto ricavato dalla mappa del Comune di Melpignano>>.Gli unici responsabili dell'andamento amministrativo comunale nell'antico regime, prima che il governo rivoluzionario napoleonico ispiri la riorganizzazione del sistema amministrativo al modello francese, sono il sindaco ed il cancelliere, ai quali viene demandato il rispetto delle decisioni prese dal Parlamento e Reggimento dell'Università, corrispondenti poi al Consiglio ed alla Giunta comunale. Il general Parlamento di Melpignano, nel numero di 12 componenti in rappresentanza della Universitàs civium, è espressione dei ceti sociali cittadini dei civili, o primo ceto cioè dei nobili e proprietari, degli artesi, o secondo ceto mediocre cioè di coloro che esercitano un mestiere e possono vivere con i proventi della propria <<industria>> ed infine dei bracciali, o terzo ceto inferiore, cioè di coloro che non possedendo a sufficienza proprietà terriere, sono costretti a prestare il proprio lavoro per poter vivere. In seno al suddetto Parlamento, a voti segreti, si eleggono annualmente tutte le cariche cittadine, si decidono le questioni amministrative e finanziarie e sono discussi i problemi quotidiani della stessa Università. La composizione dell'esecutivo prevede il sindaco, primo e secondo eletto, o auditori, che formano il reggimento dell'Università, assistiti nella loro opera di amministrazione ordinaria dal cancelliere, dal cassiere e dai diversi deputati. Quest'ultimi sono eletti in pari proporzione da ogni ceto suddetto, <<per formare i libri catastali, focolare, tassa inter cives, tabacco e regie strade>>, per la distribuzione forzosa del sale, dietro riscossione delle relative tasse, tra le diverse famiglie cittadine, cui si aggiungono degli altri deputati per la risoluzione di particolari necessità. I razionali sono eletti in occasione della verifica dei rendiconti annuali della contabilità, da parte degli amministratori al termine della scadenza del proprio mandato.

1850 Condizioni generali per l'appalto de' dazi comunali.Si aggiungono ancora alle suddette cariche quella del catapano, o governatore, ed in sua vece del luogotenente, rappresentante dell'autorità feudale ed incaricato del mantenimento dell'ordine pubblico nel paese, e del mastro d'atti, responsabile della autenticità degli atti svolti nel territorio comunale, che in base all'annesso diritto di mastrodattia, riceve, sulla base di tariffe quasi mai rispettate, una tassa per ogni atto ufficiale compilato sia quando si istruiscono i processi nella Corte baronale, sia quando viene rilasciato un atto a qualsiasi titolo alle parti interessate, o quand'ancora presenzia alla redazione di istrumenti notarili.

Il mandato delle suddette cariche amministrative è limitato ad un anno, che però non corrisponde all'anno solare, ma a quello di tradizione bizantina, che inizia il 1° settembre e termina il 31 agosto. Le complesse operazioni di elezione alle suddette cariche sono svolte a scrutinio segreto e cominciano intorno alla prima domenica di giugno per costituirle in piena legittimità e regolarità. I suddetti organi d'amministrazione si riuniscono nel pubblico Sedile, situato nella piazza centrale del paese, alla presenza del governatore, o del suo luogotenente, che esercita il controllo di legittimità in rappresentanza dell'autorità regia e feudale. Alla fine del mandato di quest'ultimi, <<avendosi posto in sindacato>>, il Parlamento elegge i sindacatori e il mastro d'atti per l'accertamento di eventuali responsabilità commesse durante l'esercizio della loro carica.

s. d. [1880] Bozzetto della divisa della Guardia Municipale.Naturalmente nell'ambito locale, come sempre, è intorno alle cariche amministrative comunali, ed in particolare a quella di sindaco, che si sostanzia la lotta da parte delle diverse famiglie interessate alla conquista del potere, alle cui manovre ed interessi non certo resta estranea la locale famiglia feudataria. Così il nuovo sindaco di Melpignano Francesco Maggio, eletto il 25 agosto 1691, di fronte all'azione decisa, anche con la pesante intromissione degli organi amministrativi provinciali, di veder annullata la propria elezione e di procedere ad una nuova, è costretto a presentarsi, secondo l'uso del tempo, innanzi al notaio Nicola Maria Durante perché della sua istanza faccia un atto pubblico da notificare a Domenico Moccia, regio Uditore della provincia di Terra d'Otranto,

a fine d'astenersi di gravare, cum rivindica, detta Università, et esso comparente con nova elettione - confidando nella giustizia del detto regio Uditore, o - in caso contrario ... ricorrere a’ ... Collateral Consiglio foro competente, et eletto de detta Università ed a’ piè di Sua Eccellenza [il vicerè Francesco Benavides, conte di San Isteban, 1687-95] o dove sarà necessario - denunciando - come ad istanza d'Epifani Veris di detto luogo con asserte provisioni di Sua Eccellenza si pretenda ... coll'intervento del signor don Domenico Moccia regio Auditore di questa provincia d'Otranto, procedersi a nova elettione di sindico di detta terra, pretesto, che l'elettione fatta in persona del comparente fosse invalida, per esser stata contro la forma del solito, e per esser stato il medesimo capocartella dell'anno passato, e per detta causa debitore di detta Università. Assertioni tutte, e supposti falsi cum rivindica, mentre esso comparente fu viva voce, e nemine discrepante acclamato da tutto il Popolo, qual modo di eleggere, oltre, che è approvato da tutte le Leggi e santioni del Regno, pure è costume inveterato, e prattica più fiate ricevuta da detta Università nell'elettione de novi Sindici, e di tutti gl'altri ufficiali.

Di fronte ai decisi tentativi del suddetto regio Uditore provinciale di procedere a nuove elezioni, l'Università di Melpignano presenta un suo memoriale innanzi alla locale Corte baronale di Melpignano da far valere innanzi al tribunale della regia Udienza provinciale ed a quello del regio Consiglio Collaterale. In questo, oltre a ribadire quanto già espresso a proposito dell'elezione avvenuta nella persona di Francesco Maggio,

Gentil'huomo di detta terra, e comodo di facoltà, viva voce, e nemine discrepante, soggetto idoneo, e meritevole, e che non l'osta eccettione alcuna ... havendo esercitato altre volte detta carica di sindico, si sia portato con molta sodisfattione del pubblico - supplica il Vicerè - che stantino le cose suddette legittimamente operate, sia mantenuto detto Francesco Maggio nel possesso di detto Sindico, non ostante qualsiasi ordine in contrario così di detta Regia Audientia, come dall'altri Tribunali, e ritrovandosi forse ammosso sii reintegrato, e che detta Regia Audientia e Governatore di detta Terra ... così osservino e faccino osservare, stante che detto ufficio di capocartella non è di quelli uffici universali che amministrava, ma di semplice esattore non compreso nella Regia Prammatica

Con lo stesso memoriale, di Epifanio Veris, si rileva che

pretendeva lui esser Sindico, e l'ostavano più eccettioni, e signanter che attualmente si trova litigando con essa Università, per livore comparse li giorni passati nella Regia Audienza di Lecce, e rappresentando surrettitiamente ... che l'elezione fatta in persona di detto Maggio era nulla causa, che essendo stato capocartella l'hanno passato non poteva hora esser Sindico, et ottenne provisione da detta Regia Audienza che si procedesse a nova elettione, il tutto per intorbitare, e trapazzare ... essa povera Università.

Finalmente il Vicerè ed il suo Collateral Consiglio con decreto dato a Napoli il 13 settembre 1691, accogliendo le istanze contenute nel suddetto memoriale dell'Università, ordina alle suddette autorità provinciali e locali, cioè al regio Uditore provinciale ed al Governatore della Corte baronale di Melpignano, responsabili del rispetto del decreto emesso,

che non debbiate impedire, ne fare impedire al suddetto Francesco Maggio l'esercizio del detto ufficio di Sindico, nel quale è stato eletto da detta Università ... supplicante, nonostante che sia stato capocartella l'anno passato, non tenendo però altro legitimo impedimento in conformità della Regia prammatica, e trovandosi forse ammosso contro la forma di questa, lo farete subito reintegrare nell'Uffico predetto.

Sarebbe certamente molto interessante approfondire la ricerca documentaria per cercare di ricostruire il periodo storico vissuto dalla società melpignanese al momento dell'adozione della fondamentale riforma fiscale, attuata con il catasto onciario compilato nel 1749 in base alle disposizioni sovrane del 1741, per comprendere appieno la dichiarazione resa il 27 maggio 1756 da Giuseppe Monosi, padre di Francesco, nuovo sindaco eletto. La suddetta riforma fiscale che aveva finalmente posto un freno ai privilegi goduti dagli ecclesiastici e dalla classe feudale, in danno naturalmente della restante cittadinanza, determina in seno ad ogni realtà sociale gli immancabili laceramenti ed opposizioni tra le suddette classi privilegiate e gli altri restanti cittadini costretti a pagare tutte le tasse imposte. Così per tacitare voci non vere, il suddetto Giuseppe Monosi, <<commorante in Castrignano>>, è costretto a costituirsi innanzi al notaio Domenico Zullino, al quale dichiara:

qualmente essento stato eletto in qualità di Sindico dell'Università di detta terra di Melpignano il signor don Francesco Monosi suo figlio sotto li 25 del passato mese di aprile con l'intervento del Regio signor Governatore di Gallipoli, con essere stato dal Sacro Regio Consiglio a’ relazione dell'illustre signor marchese Rocca commissario ordinato, che s'immettesse signor don Francesco assieme con li due suoi Uditori, seu Eletti nel possesso delle loro respettive cariche come delle provisioni dirette al medesimo signor Governatore, ed altri Officiali di detta Regia Corte, si è preinteso, che ad istanza di alcuni cittadini di Melpignano si fusse portato da esso signor Giuseppe notaio Tommaso Gualtieri di Maglie, o altro notaio a richiederlo, se voglia prestare il suo consenso all'elezione fatta in persona di esso ... Francesco suo figlio, e che aveva risposto non averlo mai prestato, e di non volerlo prestare, e che di questa risposta si fusse steso atto, ma perché esso ... Giuseppe non ha avuto mai simile, o altra equipollente richiesta nè da detto notaro Gualtieri, né di altro in nome di detti citadini di Melpignano, o di altra persona, ne mai si ricorda dato risposta di dissenso a chi sia, anzi non ha nemmeno veduto con suoi occhi la persona di detto notaro Gualtieri in atto di farli tal richiesta, però qualunque scrittura pubblica, o privata che fusse, e qualunque atto di qualsisia notaro, ... è di tutto, e per tutto falso, e fatto fare per altrui capriccio, siccome per falso nullo, ed irrito lo dà in virtù della presente dichiarazione.

La suddetta dichiarazione conferma il conflitto istituzionale tra l'Università e la locale Corte baronale, responsabile dell'amministrazione della giustizia e dell'esecuzione di tutti gli atti giuridici nel territorio di Melpignano, organo come sappiamo in mano al feudario, se per l'insediamento del nuovo sindaco Gaspare Veris la detta Corte viene completamente esautorata e dagli organi amministrativi provinciali si fa intervenire addirittura il regio Governatore di Gallipoli, in rappresentanza diretta dell'autorità regia.

La condizione di conflitto viene senz'altro ad aggravarsi nel corso del tempo. L'ingerenza degli organi di Governo nella vita amministrativa del comune di Melpignano e la conseguente rapidità delle destituzioni dei sindaci apre inquietanti interrogativi, che portano ad ipotizzare la presenza di momenti di forte tensione sociale in quello scorcio di secolo che doveva chiudere finalmente l'antico regime, i cui interessi finiscono per coagularsi forse da una parte intorno al locale feudatario e la famiglia Maggio, dall'altra intorno alla famiglia Veris. Così ricorda nel 1786 il passato sindaco Sigismondo Veris, al momento della soluzione del suo debito di ducati 48 verso le casse cittadine nelle mani del nuovo sindaco Gaspare Veris, i momenti che hanno portato a tale situazione: nell'anno 1779, precedente pubblico Parlamento, Paolino Maggio viene eletto alla carica di sindaco

ed a primo settembre di detto anno ne cominciò l'esercizio, che lo continuò fino al dì 24 agosto dell'anno 1783, giacché in detto giorno con provisioni del Sacro Regio Consiglio osservate dalla Regia Corte di Lecce, fu amosso dal carico predetto, del quale sotto l'istesso dì de’ 24 agosto fu investito esso dottor don Sigismondo Veris ... e saprete parimente che nel sindacato di questo si combinarono moltissimi litiggi, tanto nella Regia Camera, quanto nella Regia Udienza Provinciale, e Corte Reggia di Muro, e per li quali si erogarono molte somme di denaro, e che tali esiti si fecero per ordine di questa Università, la quale con i Parlamenti da esso dottore Sigismondo in quel tempo convocati diede al medesimo ogni facoltà di spendere qualunque somma per le cause in tal tempo suscitate, che ne suoi conti ce l'avrebbe ammesse, ed abbonate. Vi ricorderete, che la nostra Matrice Chiesa in detto tempo si trovava scoverta, ed abbandonata, tutto che coll'anteriori Parlamenti si era più volte risoluto, che le rendite sopravanzanti dello stato si dovessero investire nel detto ristauro, e che per tal effetto esso olim sindico don Sigismondo consegnò in potere de' deputati del fabbrico di detta chiesa la somma di ducati 162 grana 44 1/12 sopravanzati nell'ultimo anno del sindicato di esso don Paolino per impiegarsi nel detto ristauro, come fu eseguito.

Da rilevare infine che qualche anno prima, nel 1782

sotto il dì 8 del ... mese di gennaro ... essendo insorte alcune civili questioni nella casa del dottor Sigismondo Veris di questa terra, tra il magnifico Vincenzo Jacovellis governatore, ed il dottor don Orazio Veris della terra medesima, il referito Jacovellis avesse soverchiato con parole ingiuriose lo suddetto don Orazio, per cui lo medesimo, vedendosi malmenato, si mosse ad alzar la palettina del brasciere, avanti di cui stavano assisi, ed a far segno di volerli dare con quella un colpo. Ciò stante il signor don Francesc'Antonio De Luca baroncino di detta terra, che si trovò anco presente a’ tal fatto, essendosi fortemente gravato, per garantire detto suo governatore Jacobellis, anche questi caricò di più villanie ed ingiurie verbali lo stesso don Orazio, alle quali lo medesimo rispondendo, esso signor Baroncino fece segno di volerlo maltrattare realmente, motivo per cui esso don Orazio per impedirlo, li corse sopra per tenerli le braccia, e nell'impeto cascarono ambedue a terra, ed indi detto Baroncino ardimentosamente cavò dalla sacca un coltello aperto, o sia spertù, con animo di ferire detto don Orazio, come l'avrebbe forsi riuscito, se non fussero accorsi immediatamente li signori don dottor Sigismondo Veris e don Francesc'Antonio Veris, che li divisero, e se il cennato Jacobellis, avvedendosi del coltello cavato dal detto signor Baroncino, non l'avesse sgridato colle seguenti parole: chè fai Baroncino, chè fai Baroncino, mò ti rovini.

Contrasti questi, fra l'Università ed il potere feudale, che rasentano sovente la drammaticità, dati i vitali interessi dei cittadini in gioco. Geloso custode dell'indipendenza cittadina è il Sindaco ed il Parlamento nei confronti della non poco ingombrante autorità feudale, che cercherà sempre con minacce e sopraffazioni di piegare a proprio vantaggio gli ordinamenti municipali. Proprio per difendersi da tali soprusi e sostenere le cause presso i tribunali della regia Udienza di Terra d'Otranto e della regia Camera della Sommaria, con sede rispettivamente in Lecce e Napoli, si eleggono, quando necessario, i procuratori ad lites.

Solitamente si è in lite con il proprio feudatario quasi sempre per il pagamento della tassa di bonatenenza, cioè la tassa dovuta da ogni possessore per il bene situato nell'ambito del territorio comunale. Fonte di reddito essenziale per ogni amministrazione comunale, il cui mancato pagamento, aggravando le finanze cittadine, finisce col pesare su ogni singolo cittadino e per il cui recupero costringe ogni Amministrazione comunale a sostenere lunghe ed estenuanti cause innanzi al tribunale della Regia Camera della Sommaria.

<<Progetto di una torre per orologio pubblico in Melpignano>>, ingegnere Antonio Costantino Dimidri, scala 1:50.L'università di Melpignano l'abbiamo già vista in lite ai primi del Seicento con i baroni Dellanos, a proposito del rispetto dei propri diritti goduti sul portello delle carceri, cui si aggiunge nel 1683 quella sulle moline, cioè sul diritto proibitivo goduto del feudatario nel costringere a far macinare i cereali necessari ai bisogni dei cittadini soltanto nei propri mulini feudali. Per la cui difesa innanzi al tribunale della Regia Camera della Sommaria, l'università di Melpignano è costretta ad avanzare una supplica al Regio Collateral Consiglio per il relativo impegno di spesa:

Il sindico et coadiutori eletti ... supplicano come essendosi sotto il 14 passato mese di aprile congregati li cittadini di detta terra, conclusero eligendo per coadiutori per la lite [che] tengono col utile padrone di essa per le moline, che si dovesse spendere tutto quello, che occorreva per detta lite, trattandosi di libertà, in virtù del quale Parlamento, salvo regio assenso, si diede alli supplicanti ampla facoltà di poner tassa sopra li cittadini di tutto quello [che] dalli supplicanti si giudicava necessario.

Conflitti di competenza sorgono sempre con la locale Corte baronale per il rispetto delle prerogative e delle giurisdizioni godute dall'Università. Fatto spiegabilissimo dato che all'esercizio di tali diritti e giurisdizioni sono connessi apprezzabili interessi economici legati all'esazione delle pene da comminare, a cui la Corte baronale non disdegna di aggiungere l'arbirio e la prevaricazione. Illuminante a tal proposito per meglio comprendere il rapporto tra le locali istituzioni, rappresentate rispettivamente dall'Università da una parte, dal feudatario e dalla sua Corte baronale dall'altra, la protesta avanzata il 25 novembre 1751 dal sindaco Orazio Veris, che abbiamo visto scontrarsi con il barone Francesc'Antonio de Luca il 7 marzo 1782:

Compare l'Università di Melpignano e per essa il suo general sindaco Orazio Veris il quale esercita la giurisdizione della Catapania in virtù delle legi del Regno, e per essersi così ab immemorabili pratticato, e dice, come ritrovandosi Isidoro Giannuzzo, che migliorò la offerta in grado di sesta ed ultra, con patto di dover vendere fino a' fuori, durante l'amministrazione di detto Sindico, a grana 5 la pignatella, come li rimase ad estinto di candela in società di Carlo Giannuzzo dazziero della Bottega lorda, in cui si suol vendere secondo l'Assise, che si danno da detto magnifico Sindico, l'oglio, il formaggio, e la ricotta piccante; il medesimo dazziero più, e più volte contravvenne a quelle, di maniera che la comparente, e per esso detto signor Sindico, che esercita la catapania lo fece arrestare a’ dover pagare le pene, in cui era incorso. E perché per molte istanze fatte da poveri cittadini orfani, vedove, e pupilli, che li accennati de Giannuzzo vendevano con pesi, e misure mancanti, e falsificate, fu giusto motivo di riconoscersi dal Sindico, con l'intervento del magnifico Governatore, ed avanti il Popolo, ed infatti così furono osservate sotto il Sedile di questa Piazza, mentre li pesi si trovarono mancanti, e le misure ancora al confronto di altre misure nuove zeccate nella città di Lecce, portate per esso Sindico, e quel chè peggio si trovarono le misure, con le quali sono tre anni che vende l'oglio a’ minuto, dolosamente tutte tre falsificate di sotto, tanto che si vidde ocularmente scorrere di sotto l'acqua, e ci fu fatto per esso dazziero dolosamente affinché mentre consegnava a’ poveri l'oglio, scorresse a beneficio del medesimo dentro la pila, detta la cula, sopra di cui vende. Ciò stante, per tali falsità hebbe ricorso nella Corte Luogale, affinché fusse castigato, citra praegiudicium penae della carcerazione di detto Isidoro per la contravenzione all'Assisa, e per le pene spettanti alla Università, e della giurisdizione, che tiene della catapania in virtù delle legi del Regno, per li pesi, che porta a’ die solutionis in beneficio della Regia Corte, per la quale eligge Attuario, e Giudice. Al presente viene a notizia della comparente, che la Corte Luogale, e suoi magnifici Ufficiali intendano confondere la giurisdizione della Catapania privativa spettante alla comparente, e suo Catapano, e per essa alli suoi Ufficiali, con quelle delle falsità per cui avvanzò la istanza alla Corte, ed in tal modo ordinare la scarcerazione, o abbilitazione di detto Isidoro, allorché un tal progresso così pregiudiziale alla comparente, ed alla sua giurisdizione, viene dalle Legi del Regno in tutto, e per tutto proibito e sarebbe delitto de usurpata jurisdizione.

Precisi ordini vengono impartiti in merito all'amministrazione della contabilità comunale delle Università del Regno. Considerando i gravami di debiti che molte di esse sono costrette a sostenere, il vicerè Antonio Alvarez de Toledo duca d'Alba (1622-1629) incarica nel 1627 Carlo di Tappia, reggente della Regia Cancelleria, di istituire uno stato delle rendite e pesi di ciascun municipio e di stabilirvi la spesa per le varie necessità proporzionata agli introiti. Con bando del 30 settembre 1632, su disposizioni del vicerè Manuel de Guzman conte de Monterey (1631-1637), Carlo di Tappia, marchese di Belmonte, impone alla regia Udienza provinciale di Terra d'Otranto di ordinare alle Amministrazioni comunali che alla scadenza del mandato annuale dei propri amministratori, questi debbano rendere il conto della propria amministrazione. Tempi brevissimi, dieci giorni, vengono concessi per l'elezione dei razionali per la pronta verifica della contabilità secondo <<la forma delle regie Prammatiche e Stati di dette Università>>. Ancora con lo stesso bando si ordina ai <<Sindici, eletti cascieri>>, appena chiuso il loro anno di amministrazione alla fine di agosto, di inviare il relativo bilancio comunale dell'<<introito>> e dell'<<esito>>, sottoscrivendolo personalmente per attestarne la verità di ogni singola <<partita>> contemplata, minacciando pesanti pene in caso di dichiarazione di falso. Gli stati discussi comunali, correlativi ai bilanci, dal 1627 detti anche di Tappia, sono formati la prima volta dal vicerè Antonio Alvarez de Toledo per regolarizzare l'amministrazione delle Università.

Alle Università in difficoltà con i periodici pagamenti, dovuti alla Regia Corte ed all'amministrazione finanziaria del Regno, posti a loro carico e da versare al regio Percettore provinciale, si minaccia di fare tutti i possibili tentativi, usando anche la forza mandando, da parte del detto regio Percettore provinciale a spese delle stesse Università debitrici, truppe a cavallo nelle abitazioni dei loro amministratori per ottenere quanto dovuto.

L'insostenibile imposizione tributaria a cui devono sottostare i cittadini di Melpignano per tutto l'ancien régime, è testimoniata dalle provvisioni, o decreti, concesse alla stessa Università dalla Cancelleria del Consiglio del Collaterale.

La nuova numerazione dei fuochi eseguita nel 1595, e la relativa tassa sul fuoco, cioè il tributo annuo dovuto dall'Università al regio Percettore provinciale, che aveva elevato considerevolmente al numero di 379 i fuochi fiscali imposti al comune di Melpignano rispetto alla precedente numerazione del 1561 fissata in 297 fuochi, espone i cittadini di Melpignano per il periodo successivo in modo abnorme nei confronti del regio Fisco. Di fronte all'impossibilità di far fronte ai pagamenti dovuti, nel 1604 l'Amministrazione comunale è costretta ad aumentare l'imposizione fiscale ed in tal senso avanza una supplica al Consiglio Collaterale:

come trovandosi agravata di molti debiti, cavati la maggior parte di quelli per l'augmentatione di fochi, fatta nella ultima numeratione, et non havendo modo di estinguerli, ha congregato pubblico et general Parlamento, per il quale fu concluso, che si metta un pagamento sopra li suoi cittadini, che ogn'uno di quelli di diece anni in su debbia pagare un carlino per terzo, che saria tre carlini lo anno per testa, è tutto per possersi aiutare di pagare l'interessi di detti debiti et spese extra ordinarie et ancho aiutare li suoi poveri cittadini nelli bisogni et persecuzioni fatte et faciende da loro barone e suoi officiali conforme l'istromento d'unione, che tiene detta Università et perché desidera l'assenso e beneplacito dell'Eccellenza Vostra la supplica si degni concederlo, acciò non si aggrava di più debiti, et con maggior animo possa exequire la sua volontà e conclusione fatta

Il vicerè Jan-Alfonso Pimentel d'Herrera, conte di Venevente [1603-1610], accoglie la supplica presentata dall'università di Melpignano e, escludendo <<tum exteris, clericis et ecclesiasticis personis>>, con decreto del 14 agosto 1604 permette che <<per pagare li Regii pagamenti fiscali per augmento de’ fuochi et altre sue occorrentie vole imporre et exigere tre carlini a testa dell'età di diece anni in sù>>.

La non felice situazione finanziaria vissuta dalla comunità melpignanese per buona parte dell'ancien régime, è testimoniata dalle provvisioni concesse alla stessa dalla Cancelleria del Consiglio Collaterale. L'università di Melpignano infatti stante <<l'estremo bisogno>>, come d'altronde succede per tanti altri Comuni della provincia di Terra d'Otranto e del regno di Napoli, è costretta per tutto il Seicento e buona parte del Settecento, ad inviare continue petizioni al Consiglio Collaterale per la concessione dei relativi decreti che le permettano la facoltà di recuperare le somme necessarie al pagamento di <<creditori istrumentari>>, regia Corte, <<assegnatari di fiscali>>, oltre naturalmente i <<pesi universali>> e le diverse imposte straordinarie chieste dal governo spagnolo a vario titolo. Cui si aggiungono le spese necessarie al mantenimento in Terra d'Otranto di tutta l'organizzazione difensiva per prevenire le scorrerie piratesche dei corsari turchi, come quelle per l'organizzazione del cordone sanitario per la prevenzione delle probabili infezioni di peste, che periodicamente minacciano la sua popolazione.

Data la drammatica situazione finanziaria comunale, il 2 settembre 1629, gli amministratori del Comune di Melpignano per far fronte al forte indebitamento di 3 mila ducati, sono costretti a chiedere al Regio Collateral Consiglio il suo decreto per poter procedere all'appalto, mediante asta pubblica, per la durata di sei anni, delle <<decime degli introiti dei suoi cittadini>>, cioè delle <<decime di ogli, grani, orgi, avene, fave, lini, ciceri, miglio, fasoli bambace, sete et ortolanie dell'Università di Melpignano>>. Le somme in tal modo pervenute si pongono <<in potere dei cassieri di detta Università per soddisfare i detti debiti fiscali attrassati e non altro>>. Vengono eccettuati come sempre da tale straodinaria contribuzione gli ecclesiastici.

In virtù dei regi decreti ed assensi concessi e delle conclusioni, ossia delibere, dell'Amministrazione comunale, il sindaco Giovanni Donato Valentino, i due eletti ed i due deputati dell'Università formano i relativi <<Capitoli patti, e convenzioni con li quali l’Università di Melpignano ... vende, et affitta la decima dodicesima, et ventesima dell’infrascritti frutti, et intrate percipiende delli suoi cittadini habitanti, et suggetti alle decime ... per estinsione delli suoi debiti>>.

I suddetti capitoli sono fatti bandire dai suddetti Amministratori comunali, nelle piazze di <<diversi lochi di questa Provincia per più e più giorni, et in particolare nella città di Lecce, in Santo Pietro Galatina, terra dello Bogiardo e città d'Otranto>>,secondo l'usanza del tempo, come dichiara il 21 febbraio 1630 Pietro Antonio Corso, <<pubblico trombetta, et incantatore della città di Lecce>>, :

qualmente hoggi ... a sono di trombetta alta et intellegibili voce praeconis ho bandito subastato, et incantato nella Piazza publica di Lecce, e prope nel theatro della regia Bagliva di Lecce loco solito più, e più volte le decime universali di Melpignano per anni sei continui conforme alli capitoli per detta Università di Melpignano sopra ciò fatti, dicendo chi si vole comprare le decime universali ... compaghi à dar l'offerta et non comparse persona alcuna a dar nessuna offerta, e questo in presenza di più e diverse persone.

Soltanto in Melpignano, agli inviti fatti dal giurato Donato Antonio Rubichi, compare Giovanni Antonio Fenestra il quale offre ducati 3.000 <<di contanti pagandi anticipati>>. Su quest'offerta, accettata dal reggimento dell'Università nella seduta del 1° aprile 1630, viene bandito il miglioramento <<per più giorni continui di mattina e sera>>, finché il 28 aprile si procede all'espletamento degli atti d'asta. Questi vengono confermati al suddetto Giovanni Donato Fenestra, facendo cominciare il detto affitto dal 1° maggio di quell'anno fino all'ultimo di aprile 1636. Si procede quindi alla stipula delle <<cautele>> tra i suddetti Amministratori ed il detto affittatore, il quale consegna i 3.000 ducati convenuti nelle mani del cassiere comunale, Francesco Pellegrino. Questi finalmente si affretta a pagare i debiti dell'Amministrazione comunale, secondo la conclusione del suo reggimento del primo aprile 1630, : <<ducati mille et ottocento alli principali che esige Marco Antonio Bonnino, e li ducati mille e ducento s'habbia da pagare al regio Percettore vinti cinque per cento e Castellano (cioè al responsabile del regio Castello) di Lecce e Giovanni Fenestra et il rimanente ad altri creditori di fischali di essa Università>>.

La stipula della convenzione intercorsa tre giorni dopo tra il suddetto Marco Antonio Bonnino di Napoli, già creditore dell'Università per ben 1.800 ducati, ed il detto Giovanni Donato Fenestra, rivela l'operazione finanziaria che aveva reso possibile il suddetto affitto. Con lo stesso atto stabiliscono le relative spettanze, la restituzione dei capitali impiegati, le modalità di riscossione ed i relativi possibili rischi.

Non migliorano le condizioni ecomiche di Melpignano se ancora, il 14 giugno 1673, il sindaco Salvatore Aloysio, esponendo la grave situazione finanziaria comunale al reggimento cittadino,

radunato entro la casa del dottor Ruggero Nucita sita in mezo la piazza publica a sono di campana et a voce di Giovanni Domenico Campa serviente ed ad instanza di Salvatore Aloysio sindico con l'intervento del medico Giovanni Francesco Bacco luogotenente e con l'intervento di Donato Antonio Monosi e notaio Donato Antonio Veris eletti e delli cittadini ... - fa presente - come la nostra Università si trova debitrice per attrasso dell'annata passata alla Regia Corte in ducati 800 e più, come anco si ritrova oppressa dalli debiti in molti instrumentarii creditori in molte terze che non si sono pagate dalli Sindici passati e non so che modo devo tenere per complire in qualche parte almeno la Regia Corte per quello [che] si deve per attrasso e per l'annata corrente, che perciò ho voluto radunarvi per sentire il vostro senso e parere come dovemo buttare il pagamento la qual proposta intesa, e maturatamente considerata, fu detto da tutti ... che si buttasse il pagamento predetto a ragione di grana diciotto e meza per onza li stabili et animali [che] si possedono da cittadini in questo feudo, et in feudi dissabitati e per quello che manca si dovesse buttare a tassa in conformità dell'industrie delli detti cittadini per possere pagare lo che si deve alla Cassa militare per evitare tante spese e commissari, salvo per il regio assenso.

La suddetta istanza viene accolta dal Consiglio Collaterale, con decreto del 23 ottobre dello stesso anno.

Ancora per la riscossione della tassa sul fuoco viene istituito, nell'ambito della struttura amministrativa cittadina, l'uffico di angaria, per la distribuzione tra i cittadini dei <<libretti, seu capocartelle dell'esigenza fiscale>> relativa. E' nell'ambito delle persone cittadine più facoltose, le cui possibilità economiche possono garantire il pagamento di quanto dovuto dall'intera comunità cittadina, che si impone però il non gradevole compito di esercitare le funzioni di capocartella. Questa piuttosto che essere una carica amministrativa, è un'incombenza non certo gradita ai designati, i quali sono <<costretti>> a sottostare anche contro la propria volontà. L'incombenza implica infatti l'ingrato compito di riscuotere quanto contenuto nella cartella delle esazioni dovute da ogni fuoco cittadino. Impresa non facile, pur se remunerata da un certo aggio sulle riscossioni, data la quasi sempre disastrosa situazione delle finanze familiari. Il capocartella comunque, anche in mancanza degli interi pagamenti, è tenuto a corrispondere alle finanze cittadine quanto è a lui assegnato, salvo rifarsi poi in un secondo tempo sulle famiglie in tal modo in debito verso l'Amministrazione comunale. A queste viene imposto il pagamento anche con la forza, carcerando il capofamiglia e vendendo i beni all'asta.

Per avere un'idea di tale certo non gradevole incarico, può aiutare la supplica che il sindaco Leonardo Valentini avanza al Consiglio Collaterale:

come per la difficile esazione causata dal dilluvio de grandini l'anno caduto, che distrusse tutte le vettovaglie, e frutti de' suoi poveri cittadini e successivamente dalla generale infirmità, che sin dal mese di giugno ancora persiste, a segno chè stato necessario darsi aggionto al medico Ordinario, non potendo questi solo arrivare a tanta quantità d'infermi, volendo assicurare il pagamento della Regia Corte col braccio del magnifico Percettore provinciale procurò distribuire l'esigenza fiscale à persona più solvenda, come in effetto carceratisi più cittadini dal magnifico Governatore di detta terra Delegato a' ciò dal magnifico Percettore non fu possibile dispensarsi se non sette capocartelle, per lo che ne restorno da dispensarsi tre altre con tutto, che fussero usate tante carcerationi e rigori ... Per tanto volendo esso Sindico procedere a le cose predette et anco sapere il modo di vivere in questo presente anno mentre con tutto, che si fusse tirato il fuoco a' carlini sette e buttato l'apprezzo a grana 16 l'oncia, per complirsi però alla Regia Corte suoi Assignatarii etaltri creditori provisionati, guardie di marina spese minute et altre per la madrice chiesa jus patronatus della supplicata ci mancano da circa docati 700, - si chiede - che fusse lecito a detto Francesco Pellegrino nonostante l'esser stato sustituto casciero esigere dette due capocartelle, e che similmente esso Sindico per sollievo di detto pubblico si contentasse di somministrare, come ha fatto per lo passato quello che sarà necessario per dette tre capocartelle ... e che all'istesso Sindico fusse lecito esigerle, o surrogar altra persona, come meglio le parerà. E per li docati 700, che vi mancano buttarsi tassa fra cittadini conforme la loro qualità potere et industria.

La detta conclusione dell'università di Melpignano, data la gravità della situazione e l'impossibilità di attuare altre soluzioni, viene accolta dal Consiglio Collaterale con decreto del 29 gennaio 1697.

Da Lecce il 5 novembre 1736, dalla real Percettoria, Camillo Mirenghi, <<pro Rationale della Regia Camera e reggente l'ufficio di Regio Percettore>> nella provincia di Terra d'Otranto, scrive al commissario di detta regia Percettoria, Settimio Bardi:

Vi significhiamo come l'Università di Melpignano deve alla Regia Corte per causa dell'ordinarie, ed estraordinarie impositioni docati 476, e grana 61 ... ed affinchè resti sodisfatto detto debito, - ordina allo stesso - che conferendovi di persona in detta terra di Melpignano dobbiate astringere realiter, et personaliter i magnifici del Governo passati, e presenti della medesima, Esattori, Gabelloti, ed ogni altro debitore, e particolarmente procedere all'esecuzione delle tre possessioni, che si posseggono da detta Università, pervenuteli per credito di colletta dall'eredità, e beni del quondam Onofrio Rubertis, e facendosi da Voi tali esecuzioni reali, ne procederete juri ordine servato alla vendita, liberandole a persone soggette alla Real Giuridizione; se personale l'asporterete nelle carceri di questa Regia Udienza ad finem dandovi per tal'effetto l'Autorità bastante ... ed ordiniamo a’ magnifici Officiali, cossì Reggi come de’ Baroni, che non vi debbiano impedire, nè molestare, anzi in caso di bisogno vi prestino ogni aiuto necessario, e le giornate, che legitimamente vacarete, così d'accesso, come di recesso, e mora ne le farete pagare da detta Università alla ragione di carlini 12 il giorno.

Il detto ordine del regio Percettore viene notificato il 22 novembre 1736 per mezzo del servente della locale Corte baronale, Giuseppe Caputo, al sindaco Donato Antonio Veris, a Giorgio Valentini e Donato Durante eletti, seu auditori dell'Università ed al Cancelliere comunale Pasquale Veris. I detti amministratori non possono far altro che testimoniare <<come questa Università di Melpignano possiede tre possessioni nominate una Valanea, l'altra Aera, e l'altra Chilimoro in feodo di Padolano ... anni sono pervenute a' detta Università per credito di colletta dall'eredità del quondam Onofrio de Rubertis, fuoco effettivo dell'istessa>>. Il 24 novembre il detto commissario Settimio Bardi procede agli atti di sequestro di dette proprietà. Il 17 dicembre, apprezzati i detti terreni da Giorgio Stefanelli e Domenico Paladini <<pubblici apprezzatori della terra di Melpignano>>, si vendono all'asta nella pubblica piazza ad estinto di candela. Resta aggiudicatario per il prezzo di ducati 108 e grana 36, quale ultimo licitatore Giorgio Pellegrino e in realtà, <<alla persona per esso nominanda>>, al dottor Orazio Veris.

Senz'altro il momento più drammatico causato dalla non indifferente pressione fiscale, è vissuto dalla popolazione melpignanese nella prima metà del Settecento, quando ormai arriva alle estreme conseguenze il processo di disfacimento istituzionale del Regno già iniziato alla fine del Cinquecento, rendendo assolutamente necessaria la riforma per la contribuzione fiscale attuata poi nel 1741. Le esenzioni fiscali infatti godute dagli ecclesiastici, le frodi commesse dagli stessi e da altri cittadini in danno della collettività, come le maggiori pretese del suo feudatario in un rinnovato spirito di nuovo feudalesimo, precipitano la situazione finanziaria dell'Università in un processo involutivo costringendo diversi cittadini a dover vendere le rispettive proprietà, i cui quasi unici acquirenti diventano gli ecclesiastici ed il locale Capitolo parrocchiale.

Forti sono le resistenze opposte all’attuazione del suddetto nuovo catasto da parte degli ecclesiastici, soggetti per la prima volta ad un'imposizione parziale della contribuzione, e dal locale barone de Luca, i cui effetti sui reciproci esasperati rapporti, tra quest'ultimo e gli Amministratori comunali, abbiamo già visto.

Finalmente il catasto onciario, di cui sarebbe auspicabile un approfondito studio data la rilevanza dei dati contenuti sulle composizioni e relazioni familiari, sulla distribuzione della proprietà fondiaria e sulle relative fonti di reddito, sulle condizioni dell'agricoltura e diffusione delle relative colture del territorio, viene pubblicato nel 1749.

Con l'abolizione della feudalità, con legge 2 agosto 1806,n. 130, e con la riorganizzazione del sistema amministrativo operato dal nuovo governo rivoluzionario napoleonico, che porta nell'ambito territoriale, oltre alla <<nuova divisione delle province del Regno>>, con leggi 8 agosto e 18 ottobre 1806, n.132 e n. 211, all'istituzione dei Consigli decurionali, ed alla precisazione dei compiti amministrativi del Comune in senso moderno e funzionale, Melpignano viene aggregato al vicino Castrignano per formare un unico Comune.

Nella generale ristrutturazione delle istituzioni ispirate al modello francese, l'Università cittadina l'istituto nel quale il decennio francese incide maggiormente. Nell'opera di uniformità e coordinamento tra istituzioni centrali e periferiche infatti, cessano di aver ragione gli antichi e farraginosi statuti cittadini e vengono così distrutte le vecchie autonomie locali. L'uniformità amministrativa viene rigidamente imposta e i vecchi parlamenti delle Università, dei Comuni - quale che sia l'autorità e il ruolo che ancora hanno, ed è certamente minimo - vengono sostituiti da un sistema censitario e dalla designazione e dipendenza degli amministratori dalle superiori autorità, come si comincia a dire per designare la scala gerarchica, alla cui sommità sono l'Intendente, poi Prefetto, e il ministro dell'Interno. Ma in questo sistema accentrato gli interessi locali trovano rappresentanza nei Consigli provinciali e distrettuali e danno la possibilità alla nuova borghesia provinciale, fino allora chiusa nel ristretto ambito municipale, di intervenire più direttamente ed attivamente nella vita amministrativa dei distretti e delle provincie, e di acquisire una più ampia coscienza dei propri diritti e dei propri interessi.

1875 ottobre 11, Torino. Accettazione da parte del re d'italia, Vittorio Emanuele II, delle dimissioni dalla carica di sindaco presentate da Donato Villani, nominato per il triennio 1873-75.Con la caduta del governo murattiano e con il ritorno del governo borbonico sul trono del regno di Napoli, la struttura istituzionale dell'amministrazione comunale e le strutture provinciali e distrettuali vengono sostanzialmente confermate ed ulteriormente precisate con la <<legge organica sull'amministrazione civile>> del 12 dicembre 1816, n. 570. Tra le altre, la detta legge prevede fra i <<mezzi per provvedere alla polizia amministrativa>>, la redazione di regolamenti locali di polizia urbana e rurale. Con i primi si vuole consentire <<la conservazione della tranquillità e dell'ordine pubblico>>, disciplinare la confezione, l'esattezza e la custodia dei pesi e delle misure, l'annona e le numerose attività connesse ed inoltre la manutenzione delle strade, delle piazze e degli edifici pubblici. I regolamenti di polizia rurale si propongono di garantire <<la salubrità, la sicurezza e la custodia delle campagne>>, e disciplinano l'uso delle acque pubbliche e la gestione degli acquedotti.

L'unione amministrativa tra Melpignano e Castrignano dei Greci non dura però a lungo. Finalmente Melpignano raggiunge nuovamente la propria autonomia amministrativa grazie al decreto concesso il 4 luglio 1836 dal sovrano Ferdinando II, con il quale si dispone che:

a contare dal 1° gennaio 1837 il comune di Melpignano, ... sarà separato dall'Amministrazione del Comune principale di Castrignano de' Greci e formerà da sè solo un Comune, con amministrazione separata ed indipendente.

Con l'Unità, la Legge per l'unificazione amministrativa del Regno d'Italia del 20 marzo 1865, n. 2248, integrata e sostituita con leggi del 1888, 1898, 1908 e relativi regolamenti, del 1915 e del 1934, frutto delle complesse esigenze di accentramento amministrativo e decentramento burocratico, in merito alla ristrutturazione della pubblica amministrazione degli enti comunali e provinciali, delinea, precisa ed allarga le competenze degli organi comunali. Sostituisce infatti agli organi del Consiglio decurionale ed ai deputati preposti alle varie incombenze della vita pubblica comunale, nuovi organi, rappresentati dal Consiglio e dalla Giunta comunale, arricchiti di nuove competenze ed attribuzioni per rispondere al meglio ed in modo più dinamico e moderno alle esigenze della comunità cittadina e dell'Ente, nel quadro del nuovo ordinamento unitario nazionale.

La suddetta legge del 20 marzo 1865, n. 2248, creata la Provincia quale<<corpo morale>>, ne affida l'amministrazione al Consiglio provinciale ed alla Deputazione provinciale, quest'ultima presieduta dal Prefetto. Nell'equilibrio dei poteri tra le suddette istituzioni provinciali ed amministrazioni comunali voluti dalla detta legge, vengono fissati i rispettivi limiti ed in particolare vengono stabiliti e caratterizzati i più importanti aspetti amministrativi, economici e finanziari, affidando alla Deputazione provinciale, fino al 1888, ed in definitiva al Prefetto, le funzioni di controllo sulla vita amministrativa di ogni singolo Comune, poi alla Giunta provinciale amministrativa in sede di tutela dei Comuni.

Ritratto di Vittorio Emanuele III, re d'Italia e imperatore d'Etiopia.L'avvento del fascismo, nella generale ristrutturazione delle istituzioni secondo l'etica di tale movimento a carattere totalitario, come apporta una profonda riforma della rappresentanza politica con l'istituzione del Collegio unico nazionale per la scelta dei 400 deputati destinati al governo della nazione allo stesso modo opera la trasformazione delle amministrazioni comunali e provinciali. Con legge 4 febbraio 1926 e successive integrazioni vengono soppresse le amministrazioni elettive delle Province e dei Comuni e sostituite con presidi e podestà di nomina del Governo. Ancora nell'amministrazione dello Stato l'autorità dei Prefetti viene preposta ad ogni altra nell'ambito delle rispettive Province e gli stessi segretari federali del partito fascista vi sono assoggettati. Il ministero degli Interni, grazie anche alle aumentate competenze e ai nuovi poteri della polizia, diviene la struttura egemonica di tutta l'azione di governo. In particolare per quanto riguarda l'amministrazione comunale, il Podestà, in base alla detta legge, esercita le funzioni che dalla legge comunale e provinciale sono attribuite al Sindaco, alla Giunta ed al Consiglio comunale. Viene nominato con decreto reale, dura in carica cinque anni e può essere sempre riconfermato. Ne affianca l'opera una Consulta municipale nominata dal Prefetto, con funzioni di controllo finanziario e patrimoniale, necessaria per tutte le questioni riguardanti il bilancio.

Con il crollo del regime fascista del 25 luglio 1943 ed il trasferimento in Brindisi delle autorità sovrane e delle istituzioni governative, nella generale ristrutturazione delle istituzioni si rende necessaria la sostituzione dei Podestà e dei Commissari prefettizi con elementi non compromessi con il passato regime data l'impossibilità di procedere alle elezioni amministrative e perdurando lo stato di guerra. Il r.d.l. 4 aprile 1944, n. 111, recante norme transitorie per l'amministrazione dei Comuni e delle Province, richiama in vigore le disposizioni del Testo Unico della legge comunale e provinciale del 1915.

Il difficile trapasso istituzionale viene emblematicamente testimoniato in Melpignano dall'avvicendamento nella carica di sindaco dell'amministrazione comunale.

A Pasquale Lubelli ultimo podestà, succede, dal 10 aprile 1943, Costantino Dimitri, dapprima come delegato podestarile poi come commissario prefettizio dal 19 giugno dello stesso anno ed infine come sindaco dal 20 maggio 1944, per poi ritornare ancora una volta, dal 9 settembre dello stesso anno, nella guida dell'amministrazione comunale il suddetto Lubelli con la carica di commissario prefettizio.

Le elezioni generali effettuate in Melpignano nel '46 portano il 4 maggio all'elezione a sindaco di Giuseppe Veris, presentatosi come indipendente in una delle due liste civiche. Le sue dimissioni portano all'elezione di Isidoro Rossetti, nominato alla carica di sindaco con delibera consiliare del 3 gennaio '47 .

Intanto il referendum sulla forma istituzionale dello Stato del 2 giugno '46, celebrato insieme all'elezione dei deputati all'Assemblea costituente, ha introdotto in Italia la repubblica.

APPENDICE