Menhir, o pietrafitta, nella campagna melpignanese

 

 

ella visita effettuata nel 1531 dal Commissario dell'imperatore Carlo V, Troiano Carafa, al quale, come abbiamo già visto, viene affidato dalla Regia Camera della Sommaria il compito di visitare e valutare i feudi delle province di Terra d'Otranto e di Bari espropriati ai rispettivi feudatari traditori, il feudo di Melpignano conta 150 nuclei familiari, la maggior parte greci ed albanesi, il suo territorio è fertile di grano, poco di olio, molto di vigne. Il locale barone percepisce dalle rendite del feudo 350 ducati annui e lo stesso viene valutato 8.000 ducati.

Dalle <<entrate feudali>> del feudo di Melpignano, accertate dal commissario Giovanni Battista Crisculo su incarico del tribunale della Regia Camera della Sommaria, in occasione della morte di Ramirez Dellanos avvenuta il 10 febbraio 1610, si evince che le colture praticate nel territorio di Melpignano su cui sono infisse le decime feudali, sono quelle dei cereali, nelle diverse specie di grano, orzo ed avena, delle fave, e del lino. Per ottenere la situazione complessiva delle colture praticate bisogna aggiungere la coltura dell'olivo, non menzionata nel detto accertamento, in quanto non soggetta a decima feudale.

Il territorio del feudo di Melpignano appare quindi variamente dedito in generale alle colture dominanti dell'olivo e dei seminativi con alberi di ulivo. Frammisti a queste colture figurano alberi di fico, gelsi, e vigne. Arricchiscono ancora le suddette colture, quelle stagionali rappresentate da <<fave, ciceri, miglio, fasuli, bombace orti, cioè di meloni, cucumeri, cucuzze e cipulle>>.

L'intreccio delle colture dominanti dell'olivo e del seminativo, testimonia come la produzione ottenuta è volta per lo più all'autoconsumo, specie per il seminativo il cui surplus annuale viene conservato nelle diverse <<fosse>> scavate, come abbiamo visto, nel centro abitato da utilizzare soprattutto come indispensabile riserva alimentare per affrontare con una certa tranquillità le frequenti carestie dell'antico regime. Per l'olio invece si può pensare che la locale produzione partecipi al generale mercato di esportazione interessante tutta la provincia di Terra d'Otranto. Alle suddette coltivazioni si aggiungono sparsi alberi da frutta e soprattutto alberi di fico. Il frutto di quest'ultimi costituisce per la popolazione nei mesi invernali un importante integratore alimentare.

La non estesa proprietà terriera risulta in generale diffusa in appezzamenti di variabili estensioni. Sarebbe auspicabile come abbiamo già accennato, uno studio approfondito del Catasto onciario di Melpignano, approvato nel 1749, per ottenere precise informazioni di carattere sociale, economico e territoriale.

Testimonianze megalitiche presenti nella campagna melpignanese: DolmenA parte le masserie di: San Rocco, Santa Loia, Schiatta, la Torre, San Biagio, Scineo, Lama, Cataldo, San Sidero, San Isidoro e San Francesco, che costituiscono indubbiamente apprezzabili realtà nel territorio melpignanese, la costituzione delle diverse proprietà distribuita perlopiù in piccole estensioni a conduzione familiare, permette una profonda razionalizzazione dello spazio posseduto in ogni singolo appezzamento di terreno con la realizzazione delle indispensabili strutture destinate ad una prima trasformazione dei prodotti agricoli. L'aggiunta ancora di altre strutture accessorie riesce a diversificare le colture praticate nel territorio, moltiplicando le potenzialità e rendendo più pregnante l'intera economia agricola melpignanese.

Alle strutture murarie, consistenti generalmente in <<curti, case e capanne>> per il ricovero degli uomini e degli animali, o in <<una lamia, forno, grotta>> a secondo dell'economia praticata, spesso si aggiunge la presenza di una cisterna per la raccolta delle acque piovane da utilizzare nei mesi estivi, quella dell'<<aera inchiancata per triturare vittovaglie>>, ed infine molto significativa ed importante è quella rappresentata dagli innumerevoli <<laccari con acqua per curare lino>>. Quest'ultima realtà testimonia come la coltivazione del lino costituisca per le famiglie melpignanesi una preziosa economia aggiuntiva, insieme a quella della seta data la presenza di alberi di gelso, alle tradizionali coltivazioni agricole. La sua trasformazione e lavorazione in panni di lino infatti, a parte i problemi igienico-sanitari dovuti ai miasmi sviluppati dalla macerazione del lino nell'acqua e quelli connessi con lo sviluppo di infezioni malariche nei mesi estivi, trova immediata collocazione ed ottima remunerazione, grazie alla mediazione dei diversi mercanti di stoffe, non soltanto sul locale mercato di Melpignano ma anche in ambito provinciale e regionale.

Caratteri originali della campagna melpignanese: furnieddhu, o pajaru.Costituisce ancora motivo aggiuntivo di ricchezza l'estrazione della locale pietra da costruzione cosiddetta, dal vicino centro, <<di Cursi>>, che, richiestissima in tutto il Salento, offre in tutte le epoche agli innumerevoli artisti e scalpellini la materia prima per realizzare le proprie incredibili opere, specie nell'affascinante affermazione del <<barocco leccese>>, riuscendo in tal modo a plasmare, attraverso le singole abitazioni, palazzi signorili, chiese e conventi, interi paesi e città. Nelle diverse <<tagliate>> situate nel suo territorio trovano lavoro i tanti <<zoccatori>>, che in una economia agricola sempre al limite della sussistenza costituisce un'occasione preziosa di lavoro.

Caratteri originali della campagna melpignanese: imboccatura di un pozzo con falda freatica superficiale.Accanto all'economia agricola ed estrattiva, sviluppata è quella agro-pastorale sia nel territorio del Comune come soprattutto nella vicina foresta di Roca. In questa, in base al diritto di affida, cioè il pagamento del prezzo del pascolo da parte delle Università affidate, cioè che in precedenza si sono accordate per la suddetta prestazione con il legittimo possessore della Foresta di Lecce verso Otranto, o di Roca, i cittadini di Melpignano godono del diritto di introdurre i propri animali in tale foresta portandoli a pascolare negli ubertosi prati e boschi in essa esistenti senza incorrerre nelle pene connesse al diritto di diffida, cioè al pagamento della contravvenzione per l'introduzione abusiva di animali nelle sue pertinenze. Di fronte alla richieste di maggior contribuzione pretesa dal barone possessore di tale foresta, nel 1703 ritenendo illegittima tale esazione ed elevando formale atto protestativo avverso tale imposizione, il procuratore dell'università di Melpignano, Giordano Lanzilotto, incaricato di difendere gli interessi dei cittadini di Melpignano, dichiara al regio Giudice di Martano ed al notaio Nicola Maria Durante, responsabili dell'esecuzione del suddetto atto protestativo,:

come dalla Corte di Rocca l'è stato notificato ordine ... [che] dovesse pagare all'utile Padrone di detta Roca alcune quantità di denaro pretese per causa d'accordo per la foresta di detta terra, con comminatione di Commissario, in virtù di asserte provisioni della Regia Camera della Summaria, ordinantino, che in detta causa si procedesse juris ordine servato, e benché le suddette provisioni sono surrettitie et orretitie, mentre allegano solito, e consueto, lo che evidentemente è falso.

Al detto atto protestativo, il Governatore <<seu Luogotenente, e mastro d'atti di detta terra>> di Roca, notaio Ros'Angiolo Curci della terra di Martano, responsabile di tutti gli atti amministrativi e giudiziari, insieme a forestari e gabelloti, compiuti nel territorio della suddetta foresta,:

 

replica ... e dice, che si trova delegato dalla Regia Camera a far astrengere tutti li renitenti, che non vogliono pagare lo che devono alla real foresta di Roca, e come tale li giorni passati spedì cittazione all'università di Melpignano alli quali ordini si rimette

Caratteri originali della campagna melpignanese: l'antica via carrareccia tra Melpignano e Maglie.Interessanti sono gli usi e le consuetudini che regolano l'economia agro-pastorale in Melpignano. Il sindaco Leonard'Antonio de Matteis, in merito al <<modo con cui si regolano, si danno, e si tengono gli animali vaccini, pecorini, giomentini, porcini, e somarini il comune uso, e costume in questa nostra Terra>>, dichiara il 15 marzo 1742 secondo <<l'istruzione della Regia Camera [della Sommaria] sulla confezione del nuovo e general Catasto>>, che:

per ogni paio di bovi aratori atti alla fatiga, che si danno ad affitto, o sia laboratura, il padrone ne ricava annui tomola sei di grano; per ogni paio di vacche, atte alla fatiga, il Padrone ne ricava annui tomola quattro di grano. Per ogni paio di bovi indomiti poco atti alla fatiga, ne ricava il Padrone tomola quattro di grano, ed altresì la rata del guadagno. Per ogni paio di vacche indomite poco atte alla fatiga, ne ricava il Padrone annui tomola due di grano, se poi detto parecchio di vacche sono partorite, si pagano al Padrone tomola tre di grano, e la metà del guadagno la percepisce il padrone, e l'altra metà il colono. Per ogni pecora di frutto ne ricava il Padrone di rendita per causa d'affitto annui carlini due, quando s'affittano in denari, e quando poi s'affittano in merce, il solito è di corrispondersi al Padrone rotola due e mezzo in tre di formaggio secondo la qualità di dette bestiami pecorine, e nell'uno e l'altro caso la spesa del pascolo, custodia, e sale per detta merce si paga assolutamente dal colono, o sia ammassaro, e l'istessa ragione si costuma anche con le capre, senza aversi riguardo alla nutrimi, come infruttuose.

Masseria Scineo di Tamborino.L'animali porcini il solito, e costume di questa nostra Terra si è, di darsino spesa per mantenimento, ed avanzo de’ medesimi, si corrisponde comunemente dalli suddetti Padrone e colono. Li castrati anche il solito e lo costume di questa nostra Terra si è di darsino à commune perdita, e guadagno, e la spesa per il pascolo, ed ogn'altra per lo mantenimento de' medesimi, si corrisponde communemente per metà tra il Padrone, ed il colono.

Li somari, e somere il solito, e costume si è di darsino a laboratura, e si corrisponde al Padrone per ogni somaro, o somera tomola tre di grano, ed alle volte tomola due secondo la qualità di detto bestiami.

Gli animali giomentini non è costume, nè solito in questa nostra Terra darsi, nè a laboratura, nè a guadagno, mentre quelli [che] vi stanno servono per uso proprio.

Circa poi gli bufali in questa Terra e Feodo non vi sono animali di tal sorte.

Un grave limite all'affermazione delle potenzialità produttive dei melpignanesi è sempre costituito dalla scarsa estensione del suo territorio. Condizione non certo propizia molto ben evidenziata in momenti di crisi, specie quando la necessità di dover reperire risorse finanziarie nell'ambito della propria comunità diventa una necessità primaria. L'impegno di dover corrispondere da parte dell'Amministrazione comunale il debito di ducati 500 alle autorità amministrative provinciali, costringe a far rilevare al sindaco Giovanni Battista Campi, nella seduta del reggimento dell'università di Melpignano del primo novembre 1681 inoltrata al Regio Consiglio Collaterale per ottenerne giustizia,:

come molti nostri cittadini, che possiedono robbe nelli feodi di Cutrofiano, Piscopio, Quintavalle, Petrore e Sogliano, et altri massari, e bracciali similmente nostri cittadini, che prendono a coltivazione a mietà dette robbe baronali di detti nostri cittadini, che prendono a coltivare, o pure d'altri, o vero che prendono beni stabili in affitto nelli suddetti feodi, masserie, cioè territori particolari, e vigne, e nelli feodi suddetti sogliono prattigare, e fatigare per essere come sapete assai stretto lo feodo nostro, si lamentano che nell'esercitio, coltivazione e raccolta delli frutti ricevono molti aggravii dal signor don Alfonso Filomarino signore delli feodi suddetti, e dall'officiali, e baglivi di quello angariandoli a’ cose, che non sono tenuti, esigendo più di quel che compete trapazzandoli in dare le licenze dovute per la raccolta delli frutti de beni suddetti, quelle differendo a suo modo, ancorché non siano tenuti dimandarle forzandoli a pagare a staglio la decima delle vigne e quelle poi menando a rovina coll'accordii, che fa in esse per il pascolo de pampini d'animali grossi, e minuti esigendo pene diverse indebite contro l'animali, e persone loro, et estendendo lo jus della foresta et usurpandosi molti altri deritti, che mai li competerono, nè competeno sopra le quali cose per parte di esse in nome di questa nostra Università si è altra volta litigato nelli Regii Tribunali con l'antichi Baroni di detto Cutrufiano, e se ne sono tenuti diversi decreti favorevoli e per diversi capi restano forse ancora indecisi altri che però mi hanno fatto istanza ... che a nome Universale essendo tutti i cittadini interessati in detto feodo per detti stabili e vigne o come padronali, o come massari, stante la strettezza del nostro feodo ut supra, e che dovesse procurare ne sia somministrata giustizia da Regii Superiori , et inhibiti tutti l'aggravii

La condizione feudale dell'agricoltura nell'antico regime, attraverso l'imposizione della decima sulle produzioni agricole soggette a tale tributo, il grave problema costituito dalla manomorta ecclesiastica, cioè la sottrazione dei beni immobili alla libera circolazione del mercato, ed infine gli usi e le consuetudini secolari perpetuati in tale campo finiscono per mortificare l'agricoltura non soltanto salentina ma di tutto il regno di Napoli condannandola per tutto l'antico regime ad un sostanziale immobilismo economico, nonostante per la provincia di Terra d'Otranto la consistente produzione olearia assicuri, per tutto l'antico regime fino alla fine del XIX secolo, ottimi redditi grazie alla sua commercializzazione su tutti i mercati europei, il cui prodotto viene usato, oltre che come principale ingrediente alimentare, per l'illuminazione, nella produzione di sapone, nelle tintorie e nei lanifici inglesi.

La nuova situazione determinata all'indomani dell'abolizione della feudalità e della soppressione degli ordini religiosi ad opera del governo rivoluzionario napoleonico sembra risolvere in un sol colpo tale secolare condizione di assoggettamento determinando un rinnovato interesse per l'agricoltura meridionale ormai pienamente inserita nel processo di internazionalizzazione delle colture grazie allo sviluppo dei trasporti marittimi. Nei primi decenni dell'800, di fronte alle consistenti richieste di cotone da parte delle industrie francesi ed al crollo dei prezzi dell'olio a causa della diminuita domanda internazionale ed al blocco continentale nei confronti della Francia da parte delle potenze avversarie, si tenta d'introdurre la coltivazione del cotone. A questa in prosieguo di tempo, stimolata dagli inviti del subentrato governo borbonico viene ad affiancarsi anche quella del tabacco e, nel periodo post-unitario, della vite, la cui produzione ed esportazione, favorita dalla distruzione a causa della <<fillossera>> degli affermati vigneti francesi e spagnoli, raggiunge veramente ragguardevoli quantità.

I suddetti tentativi d'introduzione di nuove colture per migliorare le condizioni generali della provincia si rivelano ben presto vani. Altri e complessi sono i motivi che di fatto non risolveranno mai tali problemi perpetuandoli per certi aspetti fino ai nostri giorni. Innanzi tutto le leggi sull'abolizione della feudalità e quelle sulla liquidazione del patrimonio degli ordini monastici possidenti attuate nel regno di Napoli nel decennio rivoluzionario, in definitiva si rivelano utili solo per il consolidamento dei già estesi patrimoni fondiari delle antiche classi nobiliari e possidenti, mentre di fatto il resto della popolazione partecipa solo in modo marginale a tale spartizione dei consistenti patrimoni immobiliari incamerati dallo Stato e successivamente venduti a prezzi inaccessibili ai non possidenti. Masseria  San Rocco grande (1864).Situazione che si ripete con i rinnovati incameramenti dei beni, operati ancora una volta a danno delle istituzioni ecclesiastiche nel periodo postunitario, quando l'introito realizzato dalla loro vendita serve esclusivamente a colmare le casse vuote del nuovo Stato italiano. Fatto che penalizza il Sud praticamente <<spogliato>>, come abbiamo già rilevato, di una ricchezza che già gli è propria e lo rende ancora più debole di quanto non lo fosse prima. I terreni demaniali poi, su cui i cittadini avevano esercitato da sempre i rispettivi usi civici, cioè i diritti di pascolo, di fienaggione, di raccogliere legna, e diversi altri diritti connessi alla natura degli stessi demani, di provenienza questi, feudali, ecclesiastici, comunali e promiscui, che la legge 1° settembre 1806 ordina che siano dati ai cittadini più poveri di ogni Comune dietro pagamento di un annuo canone, continuano a costituire per tutto il secolo XIX e buona parte del XX una grave questione sociale finendo per vanificare lo spirito della suddetta legge.

A tutto questo bisogna aggiungere la particolare condizione strutturale della produzione agricola salentina, come di quella meridionale in generale, impostata ad essere un'agricoltura di tipo <<coloniale>> legata cioè immediatamente ai bisogni ed alle richieste dei vari lontani centri industriali di trasformazione, che si comportano a seconda dei propri cicli di produzione e della propria convenienza economica. A questo fattore negativo, bisogna aggiungere che l'interesse degli agricoltori salentini è stato sempre <<quantitativo>>, piuttosto che <<qualitativo>>, cioè la loro preoccupazione è diretta più ad accrescere la quantità del prodotto ottenuta piuttosto che rivolgere la loro attenzione alla qualità dello stesso.

Masseria S. Aloja, torre colombaia (1576).Tutto ciò non disgiunto naturalmente dai condizionamenti fondamentali della logica politica che muove a seconda dei tempi l'alleanza o meno delle nazioni interessate, come succede nel 1887 in seguito alla guerra delle tariffe doganali con la Francia, quando per favorire i nascenti interessi dell'industria siderurgia, cotoniera e quelli della cerealicoltura nazionale, non si esita di sacrificare l'agricoltura specializzata specie meridionale. E' in tal modo che vengono irrimediabilmente colpite le affermate produzioni della viticoltura e olivicoltura, largamente praticate in tutta la provincia di Terra d'Otranto il cui prodottoviene ormai esportato largamente sui mercati di tutta Europa.

La distruzione dell'enorme ricchezza generata dalle colture del vino e dell'olio non tarda a far sentire i suoi effetti nella provincia di Terra d'Otranto. La mancata commercializzazione dei suddetti prodotti fanno precipitare in modo drammatico ed irrimediabile le condizioni sociali economiche e finanziarie della sua popolazione e contribuiscono a far acuire i suddetti problemi sociali, economici ed istituzionali non mai risolti. In Terra d'Otranto, come in tutta Italia, il fondo della crisi viene toccato nell'inverno del 1898. Negli anni precedenti si sono registrati solo poveri e mancati raccolti, i proprietari sono esausti nell'investire capitali in lavori agricoli che non danno i loro frutti e quand'anche questi arrivino non si riesce a venderli ingombrando solo recipienti e cantine. Data l'incidenza del dazio sul grano, negozianti ed incettatori si arricchiscono con il contrabbando dello stesso, mentre i lavoratori sono costretti a restare inoperosi e vedere la propria famiglia morire di fame. Per la concomitanza di tanti fatti negativi scoppiano violente jacqueries contro i rappresentanti del Governo a Gallipoli, Latiano, Massafra, Mottola, S. Vito dei Normanni, S. Giorgio, Salice e Taranto, non diversamente dal resto dell'Italia. A Milano, nell'inverno del 1898, la folla affamata viene presa a cannonate dalle truppe del generale Bava Baccaris, due anni dopo a Monza, il 29 luglio 1900, il re Umberto I lascia la sua vita per mano dell'anarchico Gaetano Bresci.

Masseria S. Aloja (s. Eligio)La congiuntura economica non torna favorevole neppure nei primi anni del '900. La povera gente, come ultimo rimedio, si rivolge all'autorità ed invoca l'attuazione dei necessari lavori pubblici per alleviare le proprie sofferenze. Di fronte all'insostenibilità di poter garantire l'ordine pubblico in Melpignano, il sindaco Diego Villani fa presente al prefetto Gennaro Minervini:

... le tristissime condizioni in cui versa questa popolazione, la quale quasi tutta si compone di contadini che vivono col lavoro giornaliero delle proprie braccia, lavoro che assolutamente in questo momento manca. A scanso quindi di qualunque responsabilità e per scongiurare la triste conseguenza della fame prego la Signoria Vostra di provvedere urgentemente con competente sussidio ai bisogni indispensabili della vita di questi poveri infelici.

Il 6 marzo 1901 viene concesso alla locale Congregazione di Carità, dalle disponibilità finanziarie messe a disposizione dalle Maestà sovrane, un sussidio di lire 200 per soccorrere i poveri bisognosi del Comune.

Le condizioni economiche non migliorano affatto negli anni successivi, anzi si aggravano irrimediabilmente per culminare nella contrapposizione tra i proprietari, arbitri di fatto delle Amministrazioni comunali, ed i contadini, cui lo spirito del socialismo sveglia alla rispettiva coscienza di classe, nei gravi fatti di sangue successi a Muro, Scorrano, Maglie e Calimera, nella primavera del 1906.

Il 1° febbraio di quell'anno il sindaco Diego Villani scrive al Pretore di Maglie:

Per l'opportuno procedimento di legge, denunzio alla Signoria Vostra che ieri, 31 gennaio, verso le ore 8 1/2 , un numeroso gruppo di contadini e propriamente i coltivatori di tabacco, volendo protestare contro la loro inclusione, determinata dalla Giunta, tra i contribuenti alla tassa di esercizio, si assembrarono in piazza ed invaso l'Ufficio comunale pretendevano minacciosamente non essere da loro dovuta una tale imposta. Col mio pronto intervento acquistai gli animi e persuasi loro essere miglior partito reclamare nei modi consentiti dalla legge e imponendo di sciogliersi, come effettivamente fecero. E' bene però far noto find'ora alla Signoria Vostra che i promotori di tali disordini, e che io denunzio per l'opportuno procedimento penale, quali instigatori principali sono i nominati Marti Vincenzo fu Gaetano e Marti Leonardo di Vincenzo, contadini di Corigliano e qui residenti, nonché Cocola Vito d'Ippazio e Blasi Silvestro fu Donato di questo Comune.

Nei chiarimenti resi nello stesso giorno al prefetto Carlo Chiaro il detto Sindaco, confermando quanto già esposto al Pretore di Maglie, cerca di tranquillizzare il Prefetto in merito al mantenimento dell'ordine pubblico.

Ma è proprio questo ormai che diventa incontenibile nell'area dei suddetti Comuni, e che avrebbero provocato ben presto il trasferimento del suddetto Prefetto nell'aprile dello stesso anno e la caduta del Governo Sonnino.

L'agitazione promossa dalle leghe contadine di Maglie contro i proprietari terrieri per la difesa del proprio salario e del posto di lavoro, che aveva assunto un carattere molto accentuato nel marzo del 1906, durante lo sciopero dei contadini e panettieri di Maglie, estesosi poi a Muro e a Scorrano, si intreccia per qualche aspetto con gli interessi dei lavoratori di Melpignano in una sorta di <<guerra tra poveri>>, molto ben strumentalizzata dai proprietari di Melpignano e di Maglie data anche la posizione geografica del territorio comunale strategicamente rilevante.

Il 27 maggio di quell'anno il sindaco Diego Villani, con suo telegramma, informa il prefetto Chiaro:

Mentre cercavo mantenere calma mia popolazione, lega magliese prepotentemente imponeva ammassari mio territorio licenziamento operai Comuni limitrofi arrogandosi esclusivo diritto di lavoro perché varie proprietà site qui appartengono proprietari magliesi. Impedire conflitto rendesi quindi indispensabile provvedere domani prime ore forza rilevante stradale Maglie-Melpignano

Le cave di pietra "leccese" e il rimodellamento del paesaggio nella campagna melpignanese.Nello stesso momento, come ormai era prassi costante nel far intervenire nei conflitti sociali la forza pubblica per la difesa degli interessi agrari consolidati, scrive al Comandante la stazione dei Carabinieri di Martano:

Essendo stato informato che domani vi sarà un'invasione di contadini di Maglie pretendendo lavorare nelle masserie poste in questo territorio di proprietà di magliesi, interesso Vostra Signoria trovarsi qui con tutti i carabinieri disponibili per garantire la libertà del lavoro. L'avverto che del fatto ho telegrafato al Prefetto.

Seriamente preoccupato per la tutela dell'ordine pubblico nel Comune, di cui i sanguinosi fatti successi nei suddetti Comuni nel marzo e nell'aprile ormai insegnavano, il detto Sindaco non manca di informare l'onorevole Antonio Vallone di Galatina, deputato al Parlamento, per far attuare in quella sede gli opportuni provvedimenti: <<Leghisti magliesi minacciano impedire Melpignanesi lavorare proprio territorio. Reclamo opera deputato salvaguardare libertà lavoro questi contadini contro prepotenze>>.

I suddetti documenti contribuiscono ad illuminare la drammaticità dei fatti vissuti in quella primavera del 1906 e fanno comprendere come i suddetti problemi sociali, economici ed istituzionali mai risolti avrebbero provocato la conseguente emarginazione economica della provincia di Lecce, non tardando a tradursi nel conseguente suo isolamento politico e sociale. Condizione che ormai diventerà una costante per tutto il secolo XX.

1889, Censimento delle cave esistenti nel territorio comunale. Disposizioni del prefetto Daniele Vasta.Per quanto riguarda Melpignano infine, per un approfondita conoscenza del suo territorio, diventa di fondamentale importanza l'ultima dettagliata analisi elaborata nel 1910 dall'ing. Nicola Catalano, perito classificatore, in occasione dei prospetti di <<Qualificazione e classificazione delle qualità di suolo, di suolo alberato e di soprassuolo, eccettuati i terreni boscati>> del territorio di Melpignano per la formazione del nuovo catasto in base alla <<legge che riforma l’imposta fondiaria>>, del 1 marzo 1886, n. 3682. La documentazione redatta per fini catastali offre un'immagine reale del territorio di Melpignano alla fine dell'evoluzione del processo agricolo tradizionale, prima che l'introduzione di nuovi regolatori sociali, quali l'emigrazione e la prima guerra mondiale, allentassero le suddette tensioni sociali accumulate e non mai risolte ed aprissero la strada all’affermazione di nuovi metodi colturali. A tal proposito, della suddetta analisi elaborata dall’ing. Catalano, riportiamo in appendice il rispettivo Foglio di avvertenze al prospetto di qualificazione e classificazione

Per avere un quadro il più possibile completo dell’economia melpignanese alla fine del XIX secolo, interessanti sono le notizie inviate dal sindaco Giorgio Fazzi al Ministro dell’agricoltura, industria e commercio, per la compilazione della <<statistica industriale>> della provincia di Lecce. Il suddetto sindaco dichiara:

  1. Cavamonti nel territorio di Melpignano: 180 di cui 160 adulti e 20 bambini
  2. Ogni cavamonti produce ogni giorno: 1.20 tonnellate
  3. Giornate di lavoro nell’anno: 250
  4. Peso specifico della pietra leccese di Cursi: 1600 kh cioè circa 30 kh per ogni palmo cubo

Produzione media annua in tonnellate: 180 + 1.20 + 250 = 54.000 tonnellate.

Numero di telati di cotone 40, di lino e canape 20

Durata media dei lavori di un anno: 200 giorni

Quantità approssimata dei prodotti 30.000 metri.

APPENDICE