Il feudo ed i diritti feudaliSulla problematica dei diritti feudali, qualche aspetto è stato già visto trattando dei Vassalli, angari perangari. Ai diritti sui cittadini, pur praticamente cessati con la fine del 1400, di cui qualche aspetto continuerà a sopravvivere per tutto l'antico regime e continuerà ad essere preteso dal possessore del feudo, si aggiungono le diverse tante altre prestazioni e beni feudali che concorrono a formare le fonti di reddito del feudo e a determinare il valore secondo cui è venduto sia dalla Regia Corte come dai legittimi possessori. Interessante a tal proposito è il dettagliato elenco dei beni e prestazioni feudali redatto nel 1667, in occasione della vendita del feudo in favore del marchese Francesco Acquaviva d'Aragona, anche per considerare l'evoluzione istituzionale dello stesso quasi alla fine del periodo in considerazione. Il marchese Francesco Castriota, venditore del feudo dichiara di possedere: iusto titulo et bona fide come vero et utile signore la terra di Melpignano de' Greci nella Provincia d'Otranto vicino Curse, e Castrignano de' Greci et altri confini, con il suo Palazzo, giurisdictione civile, criminale e mista, con la cognitione delle prime e secunde cause, mero e misto imperio, quatuor licteris arbitrarii, con vassalli et effetti baronali et in oltre possiede l'infrascritti coi feudali e burgensatici rispettivamente, esclusa però la quota parte in criminalibus del Regio Governatore d'Otranto, e la quota parte in civilibus di Monsignor Arcivescovo di detta Città d'Otranto, e sono li corpi predetti videlicet: Annui ducati sessanta tre [che] si devono dall'Università di detta terra per brigate e moline. Annui ducati cento e venti tre e grane dieci si esiggono per censi minuti seu raggioni baronali dalli cittadini e dà forastieri che tengono beni in feudum. Una parte feudale del giardino detto delli citrangoli. La giurisdictione della piazza e cazzatura. La giurisdictione dell'affida delle femine che pagano carlini cinque per ciascheduna uscendo ad habitare fuori di Melpignano tra otto giorni dopo l'affida, cioè in quanto alle donne che si maritano con forastieri. La decima dell'infrascritti stabbili soggetti videlicet: Il beneficio seu Abbazia di San Vincenzo, il beneficio di Santa Candilora et alcuni stabili che possiedono persone di Maglie nel feudo di Melpignano, loco detto li Piculi. Li stagli in grano che sono tumula tre e mezzo di grano incirca e per quelli che sono, che si pagano l'anno dalli suddetti possessori di beni videlicet: Angelo Mastro Janni di Melpignano uno tumulo e mezzo. Giovanni Felice Demetri di detta terra uno picciolo. Giovanni Donato Stiso di Castrignano uno picciolo. La baronal corte di Maglie per la robba di Antonio Caggiuli di Melpignano uno picciolo e mezzo stuppello. Gioseppe Valente di Maglie stuppelli tre. Giovanne Fuso di Corigliano stuppello uno. La possessione detta la Corte Agresta per l'herbaggio sita nel tenimento di Melpignano, feudale, in loco detto lo sgarrato o Carrozzini, iuxta li beni del Reverendo Don Vito Pirtoli. La chiusura delle tagliate feudali per quanto importa la giurisdictione sopra li zoccatori conforme il solito, e burgensatico in quanto al corpo d'esso. L'emolumenti della mastrodattìa delle pene civili e criminali. Lo jus d'eliggersi l'erario e camerlingho ad angarìa con la solita provvisione di ducati diece all'erario e per quello che è, e l'emolumenti del portello al camerlingho. Una massaria nominata Santo Rocco nel territorio di Melpignano iuxta li beni del quondam Giovanne Campa e via pubblica consistente in diversi territorij, oliveti, chiusure, puzzi, curti, capande e membri, cum omnibus juribus et actionibus. La massaria di Padulano consistente in curti, capande, casa, cisterne, membri et juribus e terre seminatorie, sita nel feudo di Padulano vicino li beni di Giovanne Campa et Angelo Pescallo, et altri confini. Restando à peso di detto sig. Marchese di pagare la decima di prezzo di detta massaria di Padulano, per la quale ne caccia indenne detto sig. Acquaviva etiam ante damnum passum. Le possessioni seminatorie vicino le tagliate nominate le chiuse nel territorio di Melpignano iuxta li beni dell'heredi del quondam Giovanne Campa, e dell'heredi del quondam Carlo Fenestra, et altri confini. Li quattro giardini videlicet: Uno del castello, l'altro delli Maggi, l'altro della vigna grande con un suo palazzo dentro e membri, e l'altro detto delli citrangoli, nei quali due giardini della vigna grande e citrangoli, và inclusa la quota parte feudale. Tre trappeti due de' quali sono atti à macinare olive con li loro legnami e ferramenti come al presente si trovano; Uno de' quali è sito davanti il castello di detta terra et è feudale, vicino le case dell'heredi del quondam Carlo Fenestra, la stalla della hosterìa dell'Università et altri confini; L'altro detto lo Specchia consistente nella quota parte del feudo di Otranto con quelli ferramenti e legnami si trovano in potere di Carlo Pasca affittatore di detta terra ... L'altro trappeto detto delli Maggi vicino il detto giardino delli Maggi, loco detto la croce ... Base della struttura socio-economica-istituzionale generale del feudo nell'antico regime, sono le rispettive "entrate feudali" su cui i feudatari vantano i propri diritti e traggono i rispettivi proventi economici. Le "entrate feudali" del feudo di Melpignano, accertate dal commissario Giovanni Battista Criscuolo su incarico del tribunale della Regia Camera della Sommaria, in occasione della morte di Ramirez Dellanos avvenuta il 10 febbraio 1610, "dal primo de settembre 1609 per tutto agosto 1610 de poi dal primo de settembre 1610 avante quelle furno affittate a Bartolomeo Bozzetti", consistono:
Tutte l'entrate suddette costano per informazione come per scritture pubbliche e private e per conti de erari e fattori. La detta "informazione" è determinata, oltre dal tentativo di frode fiscale in danno del Regio Fisco in occasione della relativa successione feudale, dalle contestazioni nate tra l'Università di Melpignano ed il suo feudario, in merito a diversi diritti pretesi da quest'ultimo e che le rispettive parti espongono innanzi al tribunale della Regia Camera della Sommaria per l'esatta determinazione. In particolare, a parte le differenti somme dichiarate e quelle effettivamente percepite a proposito di ogni diritto goduto, il sindaco Mario Basilio contesta al suddetto barone Giovanni Battista Dellanos il suo preteso diritto sul "portello" delle carceri, in merito al quale abbiamo visto il padre Ramirez intento a distruggere le prigioni cittadine ed il suddetto Giovanni Battista costretto poi a ricostruirle di nuovo, questa volta fuori il centro abitato vicino il palazzo baronale, lasciando intatto però il diritto dell'Università su tale provento economico. Il suddetto sindaco attesta e rivendica: come lo portillo delle carceri dell'Università non fu mai ne mai si pagò ne esigette, e si bene lo quondam Ramirez... barone di questo loco s'impose et esigette per alcuni giorni tutta volta di poi ad istanza d'essa Università mediante provvisioni della regia Audienza Hydruntina si lasciò e non s'esigette più, come che ne altro e ne s'esigge. Ancora per il controverso diritto di zoccatura de le tagliate che al presente se possede per la Corte [baronale] d'essa Terra, dentro la quale si zzocca la pietra e se vende a' zzoccatori, che faticano dentro - il suddetto sindaco attesta che - è burgensatica, e primo loco era d'essa Università, quale poi vendette a lo quondam Angelo Muscho, olim Barone d'essa Terra mediante publica cautela legale per la quale chesura essa Terra se fa pagare d'essa Corte la bonatenenza e ragioni debiti, come dalli libri d'esattori et erari appare. Nella generale riforma istituzionale del Regno ispirata alle leggi francesi la legge murattiana 2 agosto 1806, n. 130, con cui viene abolita la feudalità, stabilisce che: "tutte le giurisdizioni baronali, ed proventi qualunque, che vi siano stati annessi, sono reintegrati alla sovranità", per i feudi "il diritto di devoluzione a favore del fisco rimane estinto, come ancora il peso dell'adoa, del relevio, del jus tapeti, e del quindennio". Si aboliscono "senza alcuna indennizzazione, tutte le angarie, le perangarie, ed ogni altra opera o prestazione personale", come "tutti i diritti proibitivi", pretesi dai possessori dei feudi. Sono conservati invece "tutti i diritti, redditi, e prestazioni territoriali, così in denaro, come in derrate, ... e rispettati come ogni altra proprietà". Le Università quindi "per contendere tali proprietà, adiranno i tribunali competenti per la giustizia". Per quanto riguarda poi le giurisdizioni e diritti di portolania, bagliva, zecca di pesi e misure, scannaggio e simili, eventualmente possedute dal feudatario, sono date, dietro pagamento di annualità, alle rispettive Università. Nonostante le disposizioni della suddetta legge, e quelle seguenti sull'accertamento dei titoli da parte dell'apposita Commissione e discussione delle relative cause, in seguito, di fronte agli abusi che gli ex baroni cercano sempre di esercitare, si emanano i decreti del 27 febbraio, n. 300, e del 16 ottobre 1809, nn. 486, 487 e 488. Già nel Tribunale della Regia Camera della Sommaria, l'università di Melpignano nel 1799 si era opposta alla continuazione dell'indebita esazione da parte del barone Francesco Antonio de Luca, relativa a "ducati 73 annui a titolo di bregate e molini" ed a "ducati 123 annui a titolo di censi" minuti o "ragioni baronali", ottenendone la rispettiva abolizione con sentenza del 29 marzo 1803. Ancora nelle cause tra l'Università di Melpignano ed il suddetto barone, la Commissione feudale, ereditate le competenze della Regia Camera della Sommaria e del Sacro Regio Consiglio nel giudicare le cause tra le Università e gli ex feudatari, si pronuncia nel 1809 in merito ai suddetti diritti feudali, di cui si chiede la conferma, e su quelli superstiti relativi all'"abolizione di carlini cinque per ogni straniero che sposa donna di Melpignano" ed all'"abolizione di grani cinque per ogni carretta che transita nel territorio". La Commissione feudale, in merito, decide: Il Comune di Melpignano ha chiesto di essere rilevato dalle prestazioni di annui ducati 63 a titolo di brigata, di una giornata di fatica per ogni paio di buoi, e di grana cinquanta da ogni forestiero, che maritano con donna di Melpignano conducesse in esso la sposa dopo l'elasso di otto giorni ... considerando che le rapportate prestazioni come meramente abusive, e personali sono state abolite dalla legge eversiva della feudalità de' 2 agosto 1806, dichiara estinte in forza della citata legge le dette prestazioni. Alla fine di quell'anno l'intendente della provincia di Terra d'Otranto, Michele Milano, preoccupato di concludere entro breve termine tutte le vertenze sulle liti feudali da parte dei Comuni della Provincia, attesa la fine dell'attività della suddetta Commissione, riprende tutti i Sindaci con circolari del 29 ottobre, 10 novembre e 16 dicembre 1809. Il sindaco di Melpignano Giorgio Veris, facendo presente che "non si è mancato di adempire a tutto quanto ... prescritto" e si è già ottenuta la buona risoluzione delle diverse liti feudali, assicura che "altre liti non vi sono da intentare contro l'ex Barone, perchè non li rimane verun altro giusso". Aboliti quindi tutti i diritti feudali non sostenuti da idonea documentazione attestante la rispettiva legittimità, viene invece riconosciuto, accogliendo le risultanze della Commissione feudale, in merito alla legittimità delle decime nella provincia di Terra d'Otranto, con r.d. 16 ottobre 1809, n. 487, "il dritto di decimare, di cui gli ex-baroni sono in possesso nella provincia di Lecce". In tal modo le prestazioni delle decime ritenute legittime in quanto gravanti sul territorio del feudo, limitate soltanto "al grano, all'orzo, all'avena, alla bambagia, al lino, alle fave, al vino mosto ed alle olive", continuano ad essere esatte per buona parte dell'Ottocento costituendo un grave problema sociale. Le suddette decime ex-feudali corrisposte in natura, con legge sull'affrancamento delle decime feudali nelle provincie Napoletane e Siciliane, 8 giugno 1873, n. 1389, vengono commutate dapprima "in una rendita annuale in denaro uguale al valore della prestazione costituita sulle terre stesse ed affrancabili", poi con legge concernente l'affrancamento delle rendite enfiteutiche, 29 gennaio 1880, n. 5253, si concede la "facoltà ai debitori delle annue rendite e prestazioni, ... di liberare gli immobili, assumendo l'obbligazione di pagare ... un capitale eguale a 15 volte la effettiva prestazione di un anno".
|